Il Seicento: la Francia dei Borbone. Enrico IV e Luigi XIII

Enrico IV (1594-1610) è primo sovrano della dinastia Borbone in Francia. Avvia un processo di centralizzazione del potere monarchico e con l’Editto di Nantes (1598) mitiga il contrasto tra cattolici e ugonotti; in politica estera persegue una linea nettamente anti-asburgica. Il successore Luigi XIII sale al trono ad appena nove anni; la madre e reggente Maria de' Medici affida la gestione del regno al cardinal Richelieu, che mantiene il potere di fatto fino alla morte. Il cardinale intensifica il processo di accentramento monarchico, conducendo una ferma politica anti-nobiliare e anti-ugonotta e contrastando periodiche ondate di rivolte popolari. In linea con la postura anti-asburgica del predecessore, si schiera al fianco dei protestanti nella guerra dei Trent’anni.

Enrico IV di Borbone

La conclusione delle guerre di religione in Francia apre un periodo di pace. Dalla Guerra dei tre Enrichi è uscito vincitore Enrico IV (1594-1610) passato alla storia come Enrico Il Grande, primo della dinastia Borbone.

Durante il suo regno avanza il processo di centralizzazione del potere; si rafforza la monarchia a scapito dell’antica nobiltà di spada; l’istituzione della paulette (1604), tassa annuale che assicura l’ereditarietà degli uffici acquistati, porta alla ribalta la nuova nobiltà di servizio; la tassa assicura buone entrate alla corona.

Con l’emanazione dell'Editto di Nantes (1598), Enrico IV riconosce agli ugonotti libertà di culto e diritto di possedere alcune piazzeforti armate nell’area sudoccidentale della Francia; si distende la tensione tra cattolici e protestanti; questo assicura stabilità al potere e migliora la situazione di ordine pubblico.

Si assiste a un significativo miglioramento della situazione economico-finanziaria; il nuovo ministro delle finanze Sully si occupa di sanare le finanze del regno; vengono finanziati importanti progetti infrastrutturali che migliorano la produzione agricola, quali bonifiche di terreni e costruzioni di strade, ponti e canali di irrigazione.

In politica estera viene perseguita una linea nettamente anti-asburgica; vengono strette alleanze diplomatiche avverse all’Impero e alla Spagna; viene fondata una colonia in Québec, la prima del regno; i progetti di politica estera rimangono in sospeso anche a causa della precoce morte del re, assassinato per mano di un fanatico cattolico.

Luigi XIII e la politica di Richelieu

Successore di Enrico IV è Luigi XIII (1610-1643). Quando sale al trono, il giovanissimo sovrano ha solo nove anni, e così si apre un periodo di reggenza (e dunque di instabilità) assunta dalla madre Maria De Medici. Come in tutte le circostanze simili si acuiscono gli scontri tra fazioni per il potere; in particolare si assiste al tentativo della nobiltà di sangue di riguadagnare terreno nell’attività di governo, con l’obiettivo di arrestare il processo di centralizzazione monarchica e invertire la tendenza assolutistica. Perciò, sentendo minacciati i diritti acquisiti con l’Editto di Nantes, gli ugonotti minacciano il ritorno alle armi.

Per fronteggiare il disordine vengono riuniti gli Stati Generali (1614), ma l’intervento dell’assemblea non si rivela risolutivo. È importante ricordare questa convocazione come l’ultima prima di quella del 1789, celebre antefatto della Rivoluzione francese.

Nel 1624 Maria De Medici affida le redini del potere al cardinal Richelieu, la cui politica decisa riassesta gli equilibri del regno:

  • riavvia con forza il processo di accentramento monarchico conducendo una ferma politica anti-nobiliare; condanne a morte, scontri armati e distruzione di palazzi arginano le pretese della nobiltà riottosa;

  • sempre nell’ottica di marginalizzare centri di potere potenzialmente antagonisti alla monarchia, conduce una feroce politica anti-ugonotta; revoca ai protestanti le prerogative politico-militari concesse con l’Editto di Nantes, ovvero riconosce ai riformati la libertà di culto ma non la possibilità di possedere guarnigioni e piazzeforti; ne scaturisce uno scontro che si chiude con l’assedio di La Rochelle (1627-1628), fortezza ugonotta che viene espugnata;

  • migliora l’apparato amministrativo del regno, anche per favorire il controllo del territorio periferico; nasce la figura dell’intendente, funzionario regio di stanza in una provincia che coordina e supervisiona l’amministrazione;

  • si preoccupa costantemente del mantenimento dell’ordine pubblico, ciclicamente destabilizzato da ondate di rivolte popolari (1625, 1636, 1640); i disordini francesi del secolo hanno la caratteristica di attribuire al primo ministro e mai al sovrano le responsabilità del malcontento («viva il re e abbasso la gabella»);

  • sostiene l’industria; attraverso le compagnie privilegiate (monopoli ed esenzione da tasse) protegge il commercio nazionale;

  • per quanto riguarda la politica estera, si schiera al fianco dei protestanti nella guerra dei Trent’anni (1635) in funzione anti-asburgica; è fondamentale analizzare questa scelta per cogliere il senso profondo della politica di Richelieu e la sua postura nei confronti dei luterani, che non è mai dettata da motivazioni religiose ma sempre e solo politiche; questo spiega perché all’interno del regno conduce una vera e propria guerra contro i protestanti e in politica estera, invece, si schiera al loro fianco; in politica interna la sua priorità è consolidare il potere centrale e gli ugonotti rappresentano le istanze autonomistiche di cui il cardinale vuole sbarazzarsi; in politica estera, invece, la priorità è sempre contrastare gli Asburgo (che la Francia si ritrova a ovest, in Spagna, e a est, nell’area imperiale), perciò le istanze autonomistiche protestanti, quando rivolte all’imperatore, gli fanno ben comodo;

  • mecenate di corte, si impegna nella promozione della cultura; nel 1635 sostiene la fondazione dell’Académie française che si occupa di curare la lingua francese e stabilirne le regole.